Il Direttore del SIR (Servizio Informazione Religiosa) commenta in questo modo la prima enciclica di Benedetto XVI “Deus Caritas Est”.
“Vivere l’amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo, ecco ciò a cui vorrei invitare con la presente Enciclica”.
Leggiamo queste parole al termine della seconda parte della “Deus caritas est”. Quasi un “ite missa est”, un invito premuroso e nel contempo autorevole di un padre e di una madre ai figli perché sulle strade del mondo siano annunciatori dell’amore incontrato nell’abbraccio con loro.
Saranno chiamati a rispondere ad alcune domande: quando si ama veramente, che cosa è l’amore umano? Benedetto XVI, con volo d’aquila, coglie i risultati a cui sono pervenuti gli antichi, quei padri dei quali ci siamo ingenuamente liberati, e non sfugge alle accuse che taluni filosofi moderni – divenuti, invece, padri del nostro tempo – hanno fatto al cristianesimo.
La storia, lontana e recente, testimonia che amare è un’avventura per la quale vale la pena dedicare tutta la propria esistenza, nella consapevolezza di compiere un cammino di purificazione, di rinuncia e di maturazione. Amare significa vera scoperta dell’altro, superando il carattere egoistico dominante; significa cura dell’altro e per l’altro.
Il modello per eccellenza di tutto questo è l’amore tra l’uomo e la donna, i quali si accolgono spiritualmente e corporalmente. Essi giungono ai livelli più alti, agli sviluppi inediti dell’amore e comprendono la bellezza unica e sempre nuova dell’amore coniugale: amare solo quest’unica persona (esclusività) e amarla per sempre (definitività).
Il Papa scrive che il cammino dell’amore, individuato dai greci in due momenti – eros e agape – è stato integrato dai cristiani. Così, l’eros, che inizialmente desidera soprattutto avvicinarsi all’altro, con il tempo si concentra sempre meno su di sé, cerca sempre più di “esserci per” l’altro, si trasforma in agape.
Qui è anche il fondamento di quel bene comune per la cui realizzazione è indispensabile l’impegno politico.
Benedetto XVI ci insegna a parlare di amore con trasparenza. A viverlo come straordinaria e incompiuta avventura che suscita domande. Non tanto su di noi ma sul suo Autore. La Luce ha bisogno di domande per entrare nella vita di una persona e nel mondo.
Paolo Bustaffa