Davanti a una tragedia come quella che ha colpito nel pomeriggio di martedì 28 la Sardegna e Daniele, Luigi e Bruno, le reazioni sono tante e tante saranno.
C’è lo sgomento, per alcuni la perplessità, per altri la presa di coscienza che certe vicende non sono poi così lontane, “perché allora può toccare anche a noi”, per molti la rabbia.
La giustizia farà il suo corso, accertando se si sia trattato di disgrazia o si possa parlare di responsabilità e, nel caso, di chi.
E’ un copione che si ripete e sa, purtroppo, di già visto.
Per questo, la mia reazione è anzitutto, ne sento il dovere, una reazione di impegno e di speranza.
La sicurezza sul lavoro deve diventare uno spontaneo modo di essere, un principio, uno status culturale prima ancora che un obbligo visto come un peso o un optional, da datori o da lavoratori.
E’ e deve essere il nostro modo di reagire a simili episodi, affinché realmente non abbiano più a ripetersi.
E’ un appello perché si crei un sistema virtuoso che coniughi le realtà istituzionali, il sistema scolastico ed il mondo associativo, accompagnando le imprese ed ogni singolo lavoratore in un vero e proprio processo di evoluzione e maturazione.
Mi rivolgo, quindi, alle scuole e qui il pensiero va non solo agli istituti professionali, che comunque un qualche percorso sulla sicurezza lo propongono, ma a tutte le altre scuole, dove tanti studenti andranno a lavorare quest’estate senza la minima formazione sulla sicurezza.
Ma mi rivolgo anche agli enti locali e, in senso più ampio ancora, a tutte le realtà che sono centro e momento di aggregazione, perché c’è un vuoto di formazione e prevenzione che vede il lavoratore o l’azienda troppo spesso da soli e spesso il ruolo dell’istituzione scolastica non è sufficiente e, comunque, non è adeguatamente supportato.
E’ per questo che in prima linea devono scendere anche le parrocchie, i movimenti ed associazioni ecclesiali, perché, di concerto con gli istituti scolastici e gli enti locali, si inizi ad affrontare il discorso sicurezza, con i modi, i tempi e termini che ognuno troverà come più consoni ai propri cammini.
Questo perché non dobbiamo aspettare un’altra tragedia per ricordarci che il nostro dovere di cattolici è dare la speranza di un lavoro più sicuro.
Giuseppe Patta
Mlac Sardegna