Pubblichiamo la cronaca del Convegno dei Giovani di AC tenutosi a Roma il 10 e 11 Novembre del nostro vicepresidente SG Raimondo Cacciotto, che insieme a Daniele, Salvatore, Daniela, Alessandra e don Antonello, ha partecipato all’evento.
ROMA – “Domani non è un altro giorno”. A furia di rimandare, di giorno in giorno, questo domani non arriva mai. Non possiamo più rimandare un’assunzione di responsabilità rispetto alle scelte importanti. Il futuro delle giovani generazioni non è più un tema da rinviare: seppur non si può prevedere il futuro, certamente lo si può indirizzare facendo ciascuno la propria parte, responsabilmente. ”
Cosa può fare la politica per aiutare i giovani nella progettazione del loro futuro? Esiste il diritto di fare quello per cui uno ha studiato e si è preparato? Qual è il limite tra flessibilità e precarietà? Quando una persona si può sentire parte del mondo del lavoro? Come la politica può essere per i giovani progetto e non solo desiderio? A queste domande ha cercato di dare risposte il convegno dal titolo “Domani non è un altro giorno. Una responsabilità per il futuro” che si è svolto a Roma il 10 e 11 novembre, organizzato dal Settore Giovani di Azione Cattolica in collaborazione con l’Istituto Vittorio Bachelet (l’Istituto dell’Azione Cattolica per lo studio dei problemi sociali e politici), un’ interessante occasione di studio, confronto e condivisione per i giovani convenuti dalle varie diocesi italiane.
Il difficile compito di provare a rispondere è toccato al Ministro dello Sport e per le Politiche Giovanili Giovanna Melandri, che ha affermato che in uno scenario caratterizzato da un giovanilismo imperante di una società che fa fatica diventare adulta, presa dall’ansia di apparire giovani, bisogna da un lato investire nel protagonismo progettuale dei giovani che hanno già chiaro che la responsabilità deve essere esercitata ogni giorno; d’altro canto, se è vero che ci sono dei dati antropologici e simbolici profondamente mutati nella società moderna, è anche vero che ci sono delle barriere materiali che ostacolano la costruzione dell’autonomia da parte dei giovani: su queste barriere è necessario agire, aiutandoli per esempio nella ricerca del lavoro e della casa.
Il politologo Roberto Cartocci, dell’Università di Bologna ha evidenziato come il patto tra generazioni è un sistema di contabilità pubblica: gli adulti sani lavorano e si prendono cura di anziani e ragazzi finanziando pensioni e scuole e tutto ciò che serve per i giovani che ancora non lavorano. In questa maniera le singole famiglie vengono liberate dall’onere della solidarietà intergenerazionale, che è gestita dallo Stato. In sostanza quando lo stato sociale è efficiente è una fabbrica di uguaglianza che garantisce una serie di diritti sociali e dovrebbe garantirli anche alle generazioni successive, tenendo in equilibrio due dimensioni fondamentali del patto tra generazioni: la dimensione demografica ovvero i ritmi e i processi di ricambio generazionale e la dimensione della finanza pubblica, ovvero l’articolazione dello Stato che gestisce flussi di ricchezza in ingresso e in uscita.
La politica degli anni 70 e degli anni 80 non ha però saputo tenere unite queste due dimensioni. Le scelte economiche hanno completamente perso di vista l’aspetto demografico. Inoltre, il positivo progresso della medicina che ha permesso di allungare le prospettive di vita unitamente alla diminuzione delle nascite ha portato all’innalzamento dell’età media della popolazione e ha aumentato lo squilibrio tra le generazioni: il numero dei giovani occupati non è più sufficiente a reggere le esigenze delle persone più anziane, dei più piccoli e dei giovani che ancora non lavorano.
Il risultato di tutto ciò è che lo Stato non è più in grado di garantire uno stato sociale giusto e il patto generazionale perde la sua dimensione statale per riproporsi a livello familiare: è nelle famiglie che si fa esercizio di solidarietà e il patto generazionale si ripete quotidianamente. A questo punto si insinua uno scenario inquietante: se il patto generazionale si sposta in famiglia, le opportunità delle nuove generazioni saranno diversificate e direttamente proporzionali alle possibilità economiche della famiglia di origine, moltiplicando in maniera esponenziale le disuguaglianze sociali.
È doveroso un richiamo a riscoprire lo spirito civico del Paese, problema serio e disatteso finora dalla Politica, la quale dovrebbe farsi carico di scelte coraggiose a sostegno della famiglia, e non accontentarsi di adottare misure atte, piuttosto, a ridurre la povertà. Il convegno è proseguito poi nella giornata di domenica, con due interventi di altissimo spessore.
Il primo a intervenire è Roberto Gatti ordinario di filosofia politica all’Università di Perugia e membro del comitato scientifico dell’Istituto Bachelet, che ha parlato di cultura del progetto oltre la crisi della politica. Il venir meno di questa mediazione culturale ha appaltato la politica ai poteri forti dell’economia della finanza e ha disseccato la politica di progettualità. È responsabilità della politica ridare contenuti sostanziali alla democrazia, liberandola dal blocco strutturale in cui è caduta. Responsabilità vuol dire proiezione verso l’altro, e verso il futuro, cioè necessità di rispondere alle generazioni che verranno.
Raimondo Cacciotto