I 120 Anni dell’ACI nel contesto culturale della Sardegna
dal 1920 al 1986 Diocesi Alghero
La Diocesi di Alghero, lo si è potuto appurare dai documenti esistenti, risale al 1503. La città era centro della Diocesi nonostante fosse raggiungibile con una certa difficoltà dalle varie plaghe.
Alla luce della storia è doveroso riconoscere che l’AC nella nostra diocesi nasce nel 1920 con il gruppo donne, allora chiamato UDACI. Alcune le abbiamo interpellate personalmente, e dalla loro vita si è potuto cogliere l’entusiasmo, il fascino, la volontà di lavorare, lo spirito forte di servizio che l’AC suscitò in loro. La più importante delle iniziative e il loro più concreto impegno fu rivolto al mondo dei piccoli, i pargoli (1-2 anni) e i fanciulli. Già nel 1925/26 esisteva in Alghero (accanto a quello degli esploratori) il gruppo giovani di AC seguito naturalmente da adulti giovani, che costituiranno in seguito il gruppo Uomini AC. Anche ad Alghero in quegli anni l’AC non fu esente dalle ingerenze del regime fascista: i nostri giovani, insieme agli Esploratori, avevano costituito una banda musicale che alla domenica, dopo la messa sociale, percorreva le vie del centro storico allietandole con musiche varie; i gerarchi fascisti, per timore di maggior popolarità da parte dei giovani di AC, confiscarono gli strumenti musicali per passarli ai giovani del loro partito.
Nel 1927 il fascismo, temendo la… “concorrenza”, soppresse i due gruppi costringendoli a chiudere le sedi ma, nonostante i rischi, i giovani trovavano il modo di vedersi, di continuare la loro operosità restando fermi nelle loro scelte e nel loro impegno di servizio per gli altri distinguendosi per il coraggio nell’affrontare i numerosi divieti imposti dal regime: non irrilevante quello di mettere il distintivo di AC in modo visibile. Non furono esenti da rappresaglie alcuni dirigenti (specie i responsabili dei giovani) che rischiarono di perdere il posto di lavoro, e a qualcuno fu anche requisita la casa.
Le associazioni di ACI di Sarule, Orani, Oniferi, Orotelli, Ottana, esistenti dal 1927/28, nel 1938 (anno in cui il Vescovo Monsignor D’Errico, per anzianità, fu sollevato dall’incarico) chiesero di far parte della Diocesi di Nuoro per appianare difficoltà di comunicazione. Negli anni 40 sono presenti nella nostra Diocesi 19 associazioni nei paesi di Alghero, Bortigali, Macomer, Olmedo, Padria, Uri, Noragugume, Dualchi, Borore, Villanova M. Leone, Birori, Bolotana, Lei, Silanus, Pozzomaggiore, Romana, Semestene, Mara, Putifigari. Purtroppo diverse di queste associazioni, col passare del tempo, per difficoltà di vario genere hanno affievolito il loro impegno continuativo nell’AC. Il Centro Diocesano però non demorde, ed ha in programma di ricontattarle per cooptare ancora una volta. E’ consolante constatare che le associazioni erano molto unite al centro diocesano e ne seguivano le proposte adattandole alle proprie realtà. I programmi abbracciavano ambiti diversi riguardanti: formazione, organizzazione, azione sociale-creativa, politica. Per inciso ci proponevamo i seguenti obbiettivi:
1) Organizzazione: adunanza di consigli parrocchiali e di socie almeno quindicinale; partecipazione delle dirigenti a convegni e corsi indetti dal centro diocesano.
2) Azione religiosa: giornata mensile di preghiera e di offerta per i sacerdoti; Pasqua per categorie; apostolato missionario; Università Cattolica; apostolato per le vocazioni.
3) Azione familiare: Settimana della Madre; adunanza settimanale per le mamme; assistenza alle spose e alle giovani in difficoltà.
4) Formazione: ritiri mensili per soci e dirigenti; esercizi spirituali chiusi per dirigenti diocesani e propagandiste; scuola di propaganda in centro diocesi e nelle varie plaghe; preparazione alla gara catechistica attraverso lo studio del testo.
5) Azione morale: assistenza alle mamme nubili; apostolato della culla; assistenza ai fanciulli della strada; opera di vigilanza sui divertimenti immorali. La campagna antiblasfema è stata un impegno coraggioso che ha coinvolto piccoli e grandi con iniziative varie.
6) Azione caritativa – sociale: assistenza alle domestiche e alle lavoratrici rurali; armadio del povero; ufficio notizie; servizi sociali; soccorso spirituale e materiale agli ammalati. Durante la seconda guerra mondiale: attenzione per i soldati combattenti; aiuti materiali e contributi con offerte in natura per il rancio dei soldati dei presidi vicini ai paesi. Assistenza materiale e spirituale alle spose e alle mamme dei combattenti.
7) Stampa: si puntava ad avere in tutti i gruppi la delegata stampa; giornata della stampa; festa del Vangelo per Pentecoste; diffusione della nostra stampa nelle case di cura e negli istituti di educazione.
Non è mancato lo studio dei problemi della scuola, con la lotta contro l’analfabetismo di piccoli e grandi: si sono istituiti in alcune associazioni corsi di recupero, grazie alla disponibilità di diverse insegnanti membri del consiglio diocesano o presenti in alcune associazioni.
Le iniziative degli anni ’60 possono essere considerate le seguenti:
FAMIGLIA: è consolante rimarcare l’attenzione rivolta in modo particolare alla famiglia. Si organizzano incontri di “genitori”, di “fidanzati”; si istituisce in centro diocesi la “scuola della sposa”, e nelle varie plaghe la “festa della famiglia”. Le tematiche ricorrenti dei vari incontri tra genitori ed educatori vertono su: cinema, radio, televisione, stampa. Si organizza una campagna efficace per la diffusione del mensile Mamma d’oggi, e l’assistenza alle famiglie degli emigrati. Si istituisce la giornata dei ragazzi ammalati sensibilizzando i fanciulli sul valore della sofferenza, invitandoli a pregare per i loro coetanei ammalati e a visitarli a casa o all’ospedale offrendo loro piccoli doni.
Non è trascurabile l’attenzione rivolta ai mass – media, quindi all’adesione all’AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radio TV).
E’ doveroso sottolineare le attività dei Fanciulli con le iniziative Rose natalizie al S. Padre e Settimana contro la fame. Le offerte raccolte venivano assegnate al Centro familiare di Ambanja (Madagascar), ai fanciulli bisognosi o in favore della chiesa più bisognosa della diocesi.
L’AC, accogliendo l’invito del CIF provinciale, si impegna in uno studio di ricerca di iniziative atte alla formazione sociale e alla elevazione culturale delle donne della nostra diocesi; promuove corsi di formazione professionale soprattutto per i giovani, con risultati soddisfacenti sia per una crescita spirituale sia per un inserimento – con più specifica preparazione – nel mondo del lavoro.
L’iniziativa Conversioni sociali si propone come obbiettivo di illuminare e chiarire le idee sulla attuale situazione (e informazione) politica delle nostre socie e di tutte le donne della parrocchia. Le delegate diocesane si mettono a disposizione delle associazioni in difficoltà. Da parte del “Gruppo Uomini”: nel 1969 preparazione della Pasqua del Salvatore una “tre sere” che ha trattato l’argomento Il messaggio sociale cristiano.
Negli anni ’70 si possono sottolineare le iniziative riguardanti il particolare momento politico: diversi uomini di AC si sono direttamente impegnati in campo politico e amministrativo. Il gruppo Donne già dalle prime elezioni aveva preso parte attiva sia alla formazione delle liste sia alla buona riuscita delle elezioni, rivelando capacità di dialogo, entusiasmo per la conquista dei nuovi valori democratici e disponibilità di servizio, contattando personalmente le varia famiglie.
Nell’ambito dei Decreti Delegati in particolare il Settore Adulti si è impiegato per una presenza significativa ed incisiva negli organi collegiali della scuola. Si sono tenuti diversi incontri nelle parrocchie della diocesi con i genitori dei ragazzi di ACR, dei giovanissimi e giovani studenti, per illustrare contenuti e obiettivi dei decreti, coinvolgendoli e sensibilizzandoli a collaborare attivamente.
Nel 1976 si è tenuto un corso di tre giorni sul tema Evangelizzazione e promozione umana in accordo con l’invito del centro nazionale, aperto ad adulti e giovani, a carattere prevalentemente formativo, per poter portare un contributo fattivo alla vostra associazione, con particolare interesse per coloro che voce non hanno, per gli ultimi, dando così il dovuto valore alla persona umana. Nell’Anno internazionale del Fanciullo (1979) i responsabili di AC invitano i soci di tutte le associazioni a promuovere una donazione di sangue per dimostrare viva e concreta solidarietà verso i bambini affetti da anemia mediterranea. In quell’occasione vengono preparate locandine da distribuire nelle parrocchie per sensibilizzare l’opinione di tutti.
Siamo così giunti agli anni ’80: si svolge l’attenzione agli anziani della trentanovesima età non solo appartenenti ai nostri gruppi ma anche simpatizzanti. Con il passare degli anni gli incontri sono migliorati, perché oltre a svolgere il programma proposto dal Centro Nazionale cioè lettura e commento sulle schede itinerari di fede, la Pasqua per la stessa età, ecc… si sono tenute anche lezioni con riflessioni sulla figura dell’anziano nella bibbia e lezioni a carattere igienico – sanitario (tenute queste da un giovane medico) seguita entrambe con molto interesse. Non manca la parte ricreativa con viaggi e pellegrinaggi per permettere maggiore socializzazione e solidarietà.
L’AC propone la formazione di un gruppo famiglie che viene ad essere costituito da una decina di coppie, alcune delle quali già appartenenti all’AC. Grazie all’assidua assistenza spirituale e culturale di un sacerdote il gruppo viene curato nella sua formazione, utilizzando spesso il testo del settore adulti, sviluppando temi sui sacramenti in particolare visti e vissuti all’interno della coppia, e sull’educazione primo compito della famiglia. Le coppie oggi sono diventate animatrici di corsi di preparazione per fidanzati e famiglie. C’è da sottolineare che nel corso degli anni non è stata mai trascurata la formazione spirituale con appositi corsi, campi estivi, incontri di preghiera a livello unitario interparrocchiale, attuandoli sempre nei momenti forti della anno liturgico. Si sono tenuti convegni e incontri unitari diocesani per approfondire sempre più e meglio il ruolo del laico con temi suggeriti dal Centro Nazionale: Costruire la comunità da laici per animare da cristiani la società, e ancora L’AC nella chiesa locale per la promozione dei laici; lo studio della apostolicam actuositatem e di Comunione e comunità. La partecipazione alle scuole nazionali unitarie di formazione per responsabili, a Fonni e a Galanoli, ha offerto la possibilità di aiutare persone dell’equipe diocesana e arricchirle in una solida formazione di base.
La presenza dell’assistente diocesano e della presidente al convegno di Loreto 1986 ha consentito incontri a livello diocesano per presentare agli aderenti i contenuti del Convegno, la raccomandazione del Santo Padre che ci chiedeva più coerenza e unione negli impegni sociali. Una discreta presenza di tutta l’Associazione al congresso regionale al cinema Costantino a Macomer con la relazione tenuta da Rosi Bindi sul tema Verso il Sinedrio, missione dei laici nella chiesa e nel mondo ha arricchito ancora una volta i soci di idee chiare per una presenza più attiva nella comunità e nella società. In questi anni nel settore giovani si nota un desiderio di ripresa, volontà di conoscersi per scambi e di esperienze per conoscere le proprie difficoltà e superarle con iniziative comuni. Per quanto attiene l’ACR si sono tenuti dei campi scuola per educatori, talvolta interdiocesani con Sassari. Si è stati presenti, nel limite del possibile, alle iniziative intraprese in campo nazionale e regionale. Non sono mancati convegni di ragazzi a livello diocesano attuando in questo modo le iniziative annuali proposte dal centro nazionale con le relative tematiche.
Storia dell’Azione Cattolica nella diocesi di Bosa (1920/1986)
La storia dell’Associazione di Azione Cattolica a Bosa ebbe inizio nel 1920, quando, dietro iniziativa del vescovo Angelico Zanetti che governò la diocesi dal 1916 al 1926, fu formato un Comitato provvisorio per favorire la nascita dell’Associazione nelle varie parrocchie. Nei verbali dell’Associazione della Gioventù Femminile di Bosa si legge tra l’altro che nell’adunanza del 1° agosto 1920 mons. Zanetti invitò le giovani ad organizzarsi e ad unirsi a tutte le sorelle d’Italia.
L’anno seguente 1921 nacquero le prime associazioni parrocchiali della Gioventù Femminile di A.C. a Bosa, Cuglieri, Scano Montiferro. Seguirono nel 1922 quella di Suni e nel 1925 quella di Tresnuraghes. A Bosa il vescovo Zanetti presiedeva spesso le adunanze dell’associazione, si preoccupava della formazione religiosa e umana delle socie e insisteva sul dovere dei cristiani di manifestare il loro impegno civile.
La società italiana attraversava allora un momento molto difficile perché ai quattro anni di una guerra terribile, era succeduto un periodo di forti tensioni tra lavoratori e datori di lavoro per la diffusione del socialismo. Nello stesso tempo il governo liberale tentava di sradicare i valori cristiani della famiglia con una proposta di legge tendente a istituire il divorzio, che definì insana, e ad impegnarsi nella raccolta di firme contro di essa. Le giovani seguirono le direttive del Vescovo e raccolsero 558 firme nelle vie secondarie della città. Non osarono però bussare alle porte del corso Vittorio Emanuele né alle altre case dei ricchi che erano considerati massoni e anticlericali. Questo fatto ci fa capire quale distanza esisteva allora tra le classi sociali e quale prudenza dovevano avere i poveri nell’avvicinarsi ai loro datori di lavoro. Un altro tema agitato in quegli anni riguardava il voto elettorale alle donne.
L’Associazione di Bosa lo studiò nel 1921, insieme agli argomenti di formazione religiosa e catechistica proposti dal Centro Nazionale. Il voto alle donne veniva presentato come un diritto e insieme un dovere, perchè si era convinti che col loro voto le donne avrebbero potuto salvare i valori cristiani della società. Furono intraprese anche alcune iniziative di carattere sociale e ricordo in particolare i corsi di alfabetizzazione che furono promossi ad iniziare dal 1922 per insegnare alle numerose socie analfabete a leggere e a scrivere.
Durante l’episcopato di mons. Zanetti furono fondati anche il gruppo Unione Donne di AC e la gioventù maschile di AC; per quest’ultimo il Vescovo fece costruire negli spazi attigui all’abside della chiesa cattedrale un salone, che fu intitolato al Sacro Cuore (oggi è detto del Manzoni), con varie pertinenze e un piccolo cortile.
Quando arrivò nel 1926 il vescovo Filippo Maria Mantini, i tempi erano molto cambiati e si viveva sotto il regime fascista. L’Associazione si dedicò ancora di più alla formazione delle persone e dovette limitare le sue iniziative sociali a piccole iniziative soprattutto di carità. Promosse l’animazione liturgica attraverso la diffusione degli opuscoli dell’Opera della Regalità e sostenne l’Università Cattolica fondata nel 1919 da Agostino Gemelli. Nel 1928 organizzò un corso per fidanzati e si dedicò alla formazione delle famiglie sotto il profilo spirituale, culturale e liturgico.
Nell’anno seguente si impegnò nel sostegno economico e morale dell’asilo Infantile, fondato da mons. Zanetti per assistere ed educare i numerosi bambini poveri nei giorni in cui le madri erano costrette a recarsi a lavoro. Nello stesso anno l’Associazione partecipò con grande impegno alla crociata bandita dal Governo contro la tubercolosi, che mieteva tante vittime anche a Bosa.
L’Azione cattolica prese nuovo slancio dall’arrivo nel 1932 del nuovo vescovo mons. Nicolò Frazioli, già assistente a Sassari del Circolo giovanile di Azione Cattolica intitolato a Silvio Pellico. Nello stesso anno 1932 l’Associazione fu creata a Flussio, Montresta, Santulussirgiu, Sedilo, Sindia. Nel 1935 essa sorse ad Aidomaggiore, nel 1936 a Tadasuni e a Tinnura, nel 1937 a Magomadas, Modolo, Sennariolo, nel 1938 a Sagama. Attività principali di quegli anni furono le Settimane delle Madre e le Settimane della Giovane nelle parrocchie principali della Diocesi con relatori di notevole esperienza. Contemporaneamente si tenevano convegni di plaga e diocesani della Gioventù Maschile. In un convegno diocesano tenutosi a Cuglieri nel 1936 mons. Frazioni fu acclamato come “Vescovo dei Giovani”.
Già allora la gioventù femminile di AC teneva nelle comunità parrocchiali le lezioni domenicali di catechismo ai fanciulli delle varie classi.
Le iniziative dell’associazione realizzate e programmate venivano pubblicate nel bollettino mensile diocesano Pax Vobis, iniziato nel 1934 e diretto dal can. Salvatore Obinu. Da tale giornale apprendiamo che l’Associazione Uomini di Azione Cattolica venne fondato a Scano Montiferro nel 1936. Fu quella una tra le prime associazioni degli Uomini di AC nella Diocesi, ma dopo la seconda guerra mondiale esse si diffonderanno in tutte la principali parrocchie.
Nella seconda metà degli anni trenta si diede particolare impulso alle sezione Aspiranti della Gioventù Maschile. Settimanalmente gli assistenti, parroci o viceparroci, tenevano le lezioni di catechismo e stimolavano i ragazzi a svolgere nel loro quaderno personale la “pagina attiva”, che riusciva molto efficace dal punto di vista formativo e culturale. Nel gruppo degli aspiranti di molte parrocchie si svilupparono numerose vocazioni al sacerdozio.
Nel secondo dopoguerra, quando la vita sociale riprese a organizzarsi, il vescovo Frazioli indisse il settimo Sinodo diocesano, che si tenne a Bosa nel 1947. In esso il Vescovo dedicò un capitolo intero all’Azione Cattolica, il XV composto da 10 articoli.
Agli iscritti raccomandò la concordia tra di loro e con le altre organizzazioni presenti nelle parrocchie. Ai sacerdoti raccomandò di non sostituirsi ai laici nei loro compiti, come la presidenza, l’amministrazione, la segreteria e agli assistenti dei giovani consigliò di seguirli quasi quotidianamente con spirito di servizio, di parlare con loro familiarmente, di partecipare ai loro giochi. Con le donne invece gli assistenti dovevano usare prudenza e dove possibile, affidare le fanciulle alle Suore, riservando per se solo i servizi indispensabili.
La sollecitudine del Vescovo spinse i parroci delle piccole parrocchie che non avevano ancora l’Associazione, a istituirla, ed essa sorse nel 1950 a Baroneddu, Domusnovas Canales e Zuri e nel 1951 a Soddì. Nel 1951 la diocesi che contava una popolazione di 37.766 anime, aveva ben 1.665 iscritte alla Gioventù Femminile di AC ed era presente in tutte le 22 parrocchie della Diocesi. La GIAC contava 850 iscritti e numerose erano anche le donne, mentre gli uomini erano soltanto 175.
Nel secondo dopoguerra l’Azione Cattolica aggiunse l’attività formativa, quella sociale e in certi periodi anche la propaganda politica. Per allontanare il pericolo che il partito comunista conquistasse il potere in Italia le associazioni collaborarono alla creazione dei Comitati Civici in tutti i comuni e avvicinarono le persone casa per casa.
Nel 1956 la diocesi ebbe un nuovo vescovo, mons. Francesco Spanedda, che continuò a dare impulso alle attività formative e sociali dell’Associazione. Egli presiedeva regolarmente i consigli diocesani e incoraggiava in particolare i sacerdoti giovani a curare il settore dei ragazzi. Negli anni ’50 si affermò la tradizione dei campeggi estivi organizzati dalla GF e dalla GIAC, ai quali prestava la sua fattiva collaborazione economica e pratica il Gruppo Donne. Numerosi furono i convegni diocesani giovanili di settore, e qualcuno si fece in collaborazione con la diocesi di Alghero. Ogni anno nel mese di Luglio si tenevano gli esercizi spirituali per gli adulti.
Poi vennero gli anni del Concilio Vaticano II e le associazioni si dedicarono con straordinaria passione allo studio dei documenti conciliari, con l’aiuto soprattutto dei padri gesuiti della Facoltà Teologica di Cuglieri, che impostarono il loro lavoro orientando gli iscritti all’impegno sociale e politico e al servizio liturgico. In particolare veniva messo in rilievo il compito della donna nella vita familiare, nelle organizzazioni sociali e politiche e nella comunità cristiana. Alcuni degli iscritti all’A.C. della Diocesi, uomini e donne, furono eletti sindaci, consiglieri comunali e provinciali e qualcuno fu eletto deputato al Parlamento.
Intanto cominciavano a giungere anche nella nostra diocesi i primi venti della crisi che stava investendo tutto il paese, travolgendo anche l’associazionismo cattolico tradizionale. Si diffondevano inoltre nuovi movimenti di ispirazione cristiana che, apparendo più moderni perché liberi da strutture diocesane e parrocchiali, attiravano molte persone. L’AC nazionale cercò di contrastare la crisi dandosi nel 1969 un nuovo statuto e iniziando un nuovo corso: fu abbandonata la totale autonomia di cui i rami avevano goduto fin allora ed essi furono unificati in una sola associazione, articolata nei settori degli Adulti, dei Giovani e nell’AC Ragazzi. Si sviluppò nell’associazione una profonda riflessione sul ruolo dei laici nella chiesa e abbandonato l’impegno politico e civile degli anni del dopoguerra, si privilegiò l’evangelizzazione e la formazione delle coscienze.
Negli anni settanta il numero degli iscritti calò paurosamente in tutta l’Italia. Nella diocesi di Bosa l’associazione si ridusse a sole 11 parrocchie su 22 e nel 1980-1981 i tesserati furono soltanto 1.073.
Col vescovo Giovanni Pes (1979/1993), che era stato parroco e assistente della ben organizzata Associazione di Cuglieri, l’AC diocesana ricevette un nuovo impulso per contrastare i venti di crisi. Si procedette nell’applicazione delle norme del nuovo Statuto promuovendo l’unità dell’associazione e la formazione dei soci mediante incontri diocesani trimestrali di ogni settore. Al termine dell’anno sociale o all’inizio dell’estate si tennero ogni anno gli esercizi spirituali in una località di alta collina e la frequenza fu soddisfacente.
Nel 1984, quando il vescovo chiese all’AC di collaborare per la diffusione del periodico diocesano Dialogo che aveva deciso di fondare, la risposta fu entusiasta, specialmente da parte dei settori femminili. La collaborazione si estese poi anche alla redazione. Uguale era stata la risposta che l’AC aveva dato alla richiesta del escovo F. Spanedda nel 1957 di diffondere il settimanale Libertà nel quale una intera pagina doveva essere dedicata alla diocesi di Bosa. Attraverso i giornali Libertà e Dialogo l’Associazione mantenne contatti continui con le associazioni parrocchiali e con i soci, pubblicando le decisioni del Consiglio Diocesano, le iniziative settoriali e parrocchiali a articoli di formazione.
Come aveva fatto nei decenni precedenti, l’AC femminile continuò ad assicurare alle parrocchie le maestre per il catechismo dei ragazzi.
Nel 1986 ebbe termine l’esperienza dell’associazione diocesana di AC a Bosa e si creò al suo posto l’associazione di AC della nuova diocesi di Alghero – Bosa.
L’Azione Cattolica nella nuova Diocesi di Alghero Bosa
Nel 1986, le due diocesi di Alghero e di Bosa per disposizione della Santa sede furono unite in una nuova circoscrizione ecclesiastica che prese il nome di “Diocesi di Alghero Bosa”. L’associazione di AC dovette adeguarsi. Poiché le esperienze delle due associazioni erano state in parte diverse, e notevoli erano le difficoltà che la disposizione del territorio frapponeva alla effettiva unità delle iniziative, si penso di procedere provvisoriamente ad una particolare organizzazione, nominando un unico presidente diocesano che rappresentasse l’unità e due vicepresidenti per ogni settore, i quali rappresentando i territori delle due precedenti diocesi, promuovessero in esse le iniziative settoriali.
Presidente diocesano fu eletto il sig. Carmelo Piras di Alghero, al quale seguirono la prof. Gigia Obinu di Bosa e l’ins. Carmen Ibba di Alghero. Scomparsa questa prematuramente nel maggio 2003, è stata nominata la prof. Giovanna Casu di Alghero. Nei primi anni il lavoro sembrò procedere abbastanza bene, e le iniziative dei settori venivano programmate in modo che potessero essere svolte allo stesso modo e in tempi abbastanza vicini sia ad Alghero che a Bosa. In modo unitario si svolgevano soltanto le iniziative comunitarie, come l’assemblea generale, gli esercizi spirituali, alcune giornate di studi particolari. Il Consiglio Diocesano si riuniva alternativamente ad Alghero e a Bosa.
Dopo qualche anno si constatò che le due ex diocesi stentavano a unirsi effettivamente, e si pensò che la fusione delle iniziative dei settori dell’AC avrebbe potuto contribuire all’unità della diocesi. Di conseguenza fu deciso di unificare le iniziative dei settori in tutto il territorio della diocesi, e fu nominato un solo vicepresidente per ogni settore. Per qualche anno sembrò che tutto andasse bene, ma le difficoltà imposte dalla configurazione geografica dei luoghi, dalla lontananza dei centri e dalle strade disagevoli resero troppo difficile una effettiva e continua collaborazione tra i centri delle due ex diocesi.
Il declino dell’Associazione si fermò sul finire degli anni ottanta. Nel Sinodo celebrato nel 1990 il vescovo mons. Pes parlando dell’azione religiosa associata dei laici scrisse: «In linea con i documenti della Chiesa si raccomanda in modo particolare l’Azione Cattolica, in cui si riscontrano integralmente i quattro criteri di ecclesialità previsti dal Decreto Conciliare Apostolicam Actuositatem. Si raccomanda ai laici l’Adesione e la partecipazione attiva: ai parroci e agli assistenti la cura assidua perchè i laici fin dall’ACR siano formati alla vita ecclesiale».
Negli atti del Sinodo l’AC figura presente in quell’anno in 30 parrocchie su 58 il numero complessivo dei soci nella diocesi era di 2.710 tesserati, di cui alcuni Adulti 1016, Giovani 440, ACR 1274.
Nel 1993 ha assunto la guida della diocesi di Alghero-Bosa mons. Antonio Vacca, il quale, come i suoi predecessori, ha sempre incoraggiato e sostenuto le iniziative del Consiglio Diocesano e dei settori dell’Azione Cattolica.
Antonio F. Spada