L’Assemblea diocesana di Azione Cattolica da il via, da sempre, al nuovo anno associativo: un nuovo triennio ha inizio, un nuovo anno apre i battenti. Il 9 ottobre, come consuetudine, tutto il Consiglio Diocesano, i Consigli parrocchiali e tutti coloro che sono interessati si sono riuniti a Bosa. A parlare per primo e a salutare tutti i presenti è stato Monsignor Mauro Maria Morfino che con le sue parole forti e chiare ha saputo attirare l’attenzione di tutti, dai più giovani, presenti per la prima volta ad un incontro di questo spessore, ai più “anziani” che amano da tempo l’AC e che continuano ogni anno a dare, attraverso il proprio Si, la loro adesione.
Ci ha aiutato ad entrare nel brano di vangelo dell’anno (Mc,10,46-52), a districarci tra quelle parole apparentemente semplici ma cariche di significato. “Alzati ti chiama” esordisce Padre Mauro, “la catechesi di Marco è adatta per chi comincia, per chi si mette alla Sequela di Cristo“. Le narrazioni di Marco sono sempre brevi ma così come gli altri vangeli, non sono dei semplici racconti ma sono catechesi, e, quello di Marco in particolare, costituisce un piccolo manuale catechetico per chi si sta mettendo adesso alla sequela. Padre Mauro ricorda innanzitutto ai presenti che non bisogna mai decontestualizzare il testo, bisogna capire, sforzarsi di capire cosa oggettivamente quella parola dice, cosa quella parola ci vuole dire. “Lungo la strada“, Gesù non è fermo, è in cammino, lascia Gerico per recarsi a Gerusalemme e, seduto al bordo di quella strada, c’è Bartimeo, figlio di Timeo, cieco e mendicante; Marco sottolinea due aspetti: la menomazione, la condizione patologica di Bartimeo (è cieco, non vedente) e la sua condizione sociologica ( è un mendicante). “Al sentire che c’era Gesù il Nazareno, cominciò a gridare“, Bartimeo grida, chiama Gesù “Figlio di Davide, abbi pietà di me” ma i discepoli, coloro i quali sono alla sequela di Gesù e sanno come lui si comporta, lo sgridano, vogliono che taccia, pensano che Gesù voglia che quel mendicante taccia ma Gesù si ferma, smette di essere in cammino, non sgrida i suoi discepoli ma fermandosi, li sveglia, “Chiamatelo” dice, che significa per i suoi discepoli un “cambiate atteggiamento, non è questo il modo di stare con me”. Gesù non vuole guardie del corpo, non vuole gente che lo difenda, bensì Gesù è lì per accogliere il grido dell’umanità, della povertà dell’umano. E allora, i discepoli recuperano quel senso della misura che avevano perso. Diventano premurosi, lo esortano “Coraggio! Alzati, ti chiama!” ed egli “gettato via il mantello, balzò in piedi, venne da Gesù“. Bartimeo compie così un gesto importante, getta il mantello, quel mantello che rappresenta per lui l’unico bene, lascia dunque tutto ciò che possiede per mettersi alla sequela di Gesù. Ed è Gesù che si rivolge a Bartimeo e non Bartimeo a lui, è Gesù che chiede “Che cosa vuoi che io faccia per te?“. Da notare la differenza rispetto al brano del “Giovane ricco”(Mt 19,16-22) nel quale egli domandò “Che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?” e alla risposta di Gesù “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai dallo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi” il giovane che aveva molti beni va via triste. Qui il nostro Bartimeo, dopo la domanda di Gesù si rivolge a lui chiamandolo “Rabbunì” maestro mio “che io riabbia la vista“, usando un’espressione diversa rispetto all’inizio: quando è lontano Bartimeo grida “Figlio di Davide“, quando Gesù si ferma diventa il suo maestro. Non ci sono a seguire elementi aggiuntivi, Gesù non usa la saliva come Marco racconta precedentemente parlando del cieco di Betsaida (Mc, 8, 22-26) qui Gesù lo esorta ad andare a casa sua, non gli chiede di seguirlo “Và, la tua fede ti ha salvato” ma Bartimeo riacquistata la vista, ritrova il tesoro, quella guarigione dalla cecità, è per lui anche la riapertura del cuore, comprende e sta con lui, lo segue lungo quella stessa strada dove fino a poco prima era fermo a mendicare.
Bartimeo è così la risposta umana, bella, piena, vera alla stessa domanda posta al giovane ricco, Gesù ricolma quel vuoto lasciato dal giovane ricco. A noi giovani, adulti, educatori o no, Padre Mauro, lascia una domanda “Quale vitalità, quale dinamica, ha questo testo?”. Ed un invito per potersi mettere alla sequela di Cristo e cioè gettare come Bartimeo, il nostro mantello, tutto ciò che per noi può essere d’impedimento deve essere gettato via, solo così potremmo incontrare Gesù e trasmetterlo agli altri.
Chiara Pani